In Italia e all’estero (con la parziale eccezione dell’Inghilterra), il tema della mobilità sociale medievale molto di rado è stato oggetto di una specifica riflessione scientifica. La mancata tematizzazione ha avuto senz’altro effetti negativi: i pochi pionieristici studi esplicitamente centrati sulla mobilità sociale non appaiono maturi, mentre le indagini sul campo, spesso prive di un apparato teorico o anche solo di un questionario comune, si risolvono per lo più in analisi di casi particolari o in generalizzazioni impressionistiche. Un primo progresso è stato compiuto in un recente convegno incontro romano (La mobilità sociale nel medioevo, S. Carocci ed., Roma, ÉFR, 2010).
Uno degli obiettivi del progetto ha dunque un carattere generale: in connessione con lo svolgersi concreto di una vasta ricerca, analizzare i problemi di metodo e di teoria relativi a una tematica cruciale per la comprensione delle società medievali, ma ancora trascurata anche a livello europeo.
Le ipotesi di partenza, da verificare o da sostituire con altre interpretazioni, sono:

    (a) L’individuazione del periodo fine XIII-inizio XIV come momento di inversione del peso relativo tra dinamiche socio-economiche e dinamiche politico-istituzionali nel determinare i percorsi di mobilità sociale.
    (b) Il legame (solo in parte causale) tra questo cambiamento e un irrigidimento delle dinamiche di mobilità.
    (c) Più in generale, la tendenza strutturale del periodo verso una mobilità discendente, soprattutto (ma non esclusiva) dei gruppi dominanti.
    (d) Il delinearsi a fine medioevo di una società complessa: da un lato connotata un incremento delle delimitazioni sociali e dei fenomeni di chiusura di ceto; dall’altro caratterizzata da processi di ulteriore articolazione e differenziazione dei ruoli e delle funzioni sociali, economiche e istituzionali.
    (e) Le fasi di maggiore connessone tra esperienze di mobilità sociale  e processi di mobilità spaziale e orizzontale che si svolgevano a livello sovralocale e sovraregionale.

I campi di ricerca, fra loro correlati, sono:

    1) il chiarimento dei nessi tra mobilità sociale e cambiamento economico sul lungo periodo, dal XII al XV sec.;
    2) la ricostruzione dei rapporti tra mobilità sociale e trasformazioni istituzionali;
    3) l’esplorazione di specifici vettori di mobilità sociale, distinguendo i canali di mobilità sociale attivi sul lungo periodo da quelli nuovi e discontinui, e verificando quali esperienze di mobilità sociale bassomedievali abbiano prodotto un allargamento dei ceti intermedi e quali invece abbiano allargato la forbice della diversità sociale, politica ed economica;
    4) la proposta di una rappresentazione complessa dei fenomeni di mobilità sociale nell’Italia tardomedievale, nella quale fattori economici e fattori politico-istituzionali non agiscano in modo separato, ma si intreccino nel determinare il movimento di individui, famiglie e gruppi nella gerarchia sociale.

Possiamo così distinguere tra le esperienze di mobilità “strutturale” (che generavano modifiche dell’assetto socio-politico) e mobilità “semplice” (di singoli attori, senza modifiche di fondo dello spazio sociale). È cruciale anche tenere in considerazione le rappresentazioni sociali, i materiali ideologici, gli idiomi politici: ogni affermazione o declino di gruppo, e tanto più ogni rottura dell’ordine politico ereditato, si nutrirono di confronti e di competizioni che si svolsero sempre anche sul piano dello scambio discorsivo, della produzione di linguaggi interpretativi e costitutivi della realtà politica e sociale. Possiamo infine riflettere sulla capacità dei processi di mobilità spaziale sovralocale e sovraregionale di determinare cambiamenti sia nei singoli spazi sociali (comunità, ambiti “provinciali” e “regionali”), sia nel complessivo sistema italiano di società organizzate su base territoriale complessa, caratteristico della fase finale del medioevo.